Insalata, insalata e ancora insalata. Come Caravaggio abbia potuto tirare avanti così per mesi rimane un mistero.
Eh eh, il caro Pandolfo Pucci… prodigo di preghiere, ma col “braccino corto”. Teneva alla fame il giovane Merisi che, all’inizio della sua avventura romana, si trovò ad eseguire per lui copie di quadri sacri in cambio di vitto e alloggio, nella modesta pensione gestita dal prelato.
Secondo le parole dell’artista, il verde vegetale fungeva da “pranzo, cena e colazione”; per questo pensò bene di soprannominare il Pucci “Monsignor Insalata”.
In seguito, sempre e comunque fra alti e bassi, la situazione migliorò; ma questa è un’altra storia che è possibile scoprire grazie all’articolo a lui dedicato.
Tuttavia, non fu solo l’insalata a procurar noie a Caravaggio: anche i carciofi gli diedero da pensare… anzi, furono proprio loro i protagonisti indiscussi di una delle tante beghe in cui spesso si trovava coinvolto. Siamo a Roma, nell’antica “Osteria del Moro” in piazza della Maddalena. Pietro da Fusaccia serve al pittore otto carciofi, quattro cotti nell’olio, quattro nel burro; vedendoli tutti assieme, l’artista domanda quali sono stati cotti nell’uno e quali nell’altro. Il garzone risponde frettolosamente che basta annusarli per capirlo. Apriti cielo! Caravaggio si infuria e gli tira il piatto in faccia, ferendolo lievemente ad una guancia; poi, fa per sguainare la spada, ma qualcuno lo trattiene evitando il peggio.
Questa versione dei fatti è riportata nella querela che il Fusaccia espone contro l’artista il 24 aprile 1604. Nella denuncia viene però presentata anche la testimonianza di tal Pietro Antonio de Madii, assiduo frequentatore dell’osteria: l’uomo riferisce che il garzone abbia risposto alla domanda di Merisi con un “Non lo so” e che, afferrato un carciofo, se lo sia messo sotto il naso per odorarlo… mossa alquanto rischiosa con Caravaggio armato di spada dall’altra parte del tavolo.
Ispirandoci a questi aneddoti al contempo divertenti e amari, abbiamo creato una ricetta in grado di avvicinare la tradizione culinaria lombarda e quella romana, per omaggiare la terra che gli diede i natali e quella che lo accolse.
Come d’abitudine, ricordiamo che le nostre ricette sono un’interpretazione personale di atmosfere, sensazioni ed altri aspetti inerenti al cinema, all’arte e alla musica; si tratta di pensieri, condivisibili o meno, che rispecchiano la nostra visione creativa e che speriamo possano incontrare la vostra.
Di seguito trovate le indicazioni per 2 porzioni.
MEDAGLIONI DI POLENTA ALLA PIASTRA CON CUORE FILANTE
Tempo di preparazione
30 minuti (+ 30 minuti per far raffreddare e rassodare la polenta).
Modalità e tempo di cottura
Sul fornello, in un padellino antiaderente, per 10 minuti; poi su una piastra antiaderente, per 15 minuti circa.
Conservazione
I medaglioni di polenta non si possono conservare per più giorni; è quindi preferibile cucinarli e gustarli subito ben caldi.
Ingredienti
– 300 g di acqua;
– 50 g di farina di mais istantanea (bio);
– una presa di sale iodato;
– 3-4 fettine di formaggio Edamer (bio, di ottima qualità).
CARCIOFI IN PADELLA GRATINATI AL FORNO
Tempo di preparazione
1 h 15 minuti
Modalità e tempo di cottura
Sul fornello, in una padella di acciaio, per 10 minuti.
Sul fornello, in una padella antiaderente, per 15 minuti circa.
In forno statico, a 200 °C (392 °F), per 20 minuti (10 minuti per lato).
Conservazione
Questi carciofi non si possono conservare per più giorni; è quindi preferibile cucinarli e consumarli subito ben caldi.
Ingredienti
– 4 carciofi romaneschi;
– 1 limone;
– q.b. di olio di oliva;
– q.b. di pangrattato (senza glutine);
– q.b. di sale iodato.
Attenzione: in caso di celiachia, tutti gli ingredienti a rischio di contaminazione devono essere certificati senza glutine.
Informazioni utili prima di mettersi ai fornelli
- Il carciofo è conosciuto principalmente come ortaggio epatoprotettivo, ossia in grado di proteggere le funzioni del fegato; contiene infatti la cinarina, un polifenolo che difende le cellule di quest’organo.
L’estratto di carciofo aiuta a ridurre i livelli ematici di colesterolo “cattivo” e dei trigliceridi, contribuendo così a prevenire le malattie cardiovascolari.
Contiene le vitamine A, B1, B2, B3, B5, B6, B9, C, E, K, unitamente a una buona quantità di proteine e sali minerali, ad esempio, potassio, fosforo, magnesio, calcio e ferro.
Il suo consumo va tuttavia evitato in presenza di calcoli biliari e dalle donne durante l’allattamento.
- Per questa ricetta abbiamo scelto il carciofo romanesco, anche noto come “mammola” o “cimarolo”. La forma è arrotondata e compatta, con un piccolo foro all’apice, mentre le foglie esterne, chiamate brattee, sono verdi con sfumature violette; rispetto ad altre varietà risulta particolarmente tenero e privo di spine. Si trova da gennaio a maggio, ma il periodo migliore per raccoglierlo è tra marzo ed aprile.
Al momento dell’acquisto il carciofo deve essere fresco, quindi, sodo, con foglie dure, dalle punte ben serrate, senza macchie; anche il gambo deve presentarsi duro, privo di parti molli o ingiallite. È sicuramente preferibile scegliere esemplari medio-piccoli.
- Come esposto nell’introduzione alla sezione Cucina del blog, le ricette che proponiamo sono prevalentemente, ma non esclusivamente, a base vegetale. Riflettendo, il percorso di consapevolezza alimentare non è, per usare una metafora, una linea retta, bensì una curva, in cui ogni ansa rappresenta una scoperta, un approfondimento, un mettersi in gioco per ampliare le proprie conoscenze e migliorare la propria salute.
Indipendentemente dallo stile alimentare adottato, pensiamo che, oltre a seguire le linee guida e le raccomandazioni del Ministero della Salute, sia fondamentale l’utilizzo del buon senso. Tale affermazione potrebbe suonare come “la scoperta dell’acqua calda” ma, vista l’entità dei rischi che derivano da un consumo sconsiderato di cibi poco salutari, forse vale la pena ricordarlo. Pindaro diceva: “C’è una misura in ogni cosa; tutto sta nel capirlo”. La moderazione, l’equilibrio di cui il poeta greco parla, sottolineano che il nòcciolo della questione era ed è ancora questo.
Per realizzare la parte filante dei medaglioni di polenta abbiamo utilizzato del formaggio: poco, ma buono, dove per buono non intendiamo solo piacevole al palato ma, specialmente, rispettoso dell’ambiente e del benessere animale.
È risaputo che non è salutare consumare in modo eccessivo prodotti o derivati di origine animale, abusare di alimenti ultraprocessati e del “fast food”; a tal proposito, ci farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate nei commenti qui sotto.
N.B.
Digitalis Purpurea® segnala che nessuna informazione nutrizionale presente in questo articolo può sostituire il consulto medico, in quanto ogni individuo possiede caratteristiche fisiologiche uniche che, in caso di carenze o malattie, devono necessariamente essere verificate da un medico di base o da uno specialista.
Pertanto, le informazioni pubblicate in questo articolo hanno carattere divulgativo e non devono essere considerate come consulenza, prescrizione medica o prescrizione di altra natura.
Procedimento
1.
Versate in un padellino antiaderente dai bordi alti 300 g di acqua fredda; salatela e fatele quasi raggiungere il bollore (per capirsi, quando sul fondo della padella compaiono delle bolle che non salgono ancora in superficie).
Iniziate facendo cadere a pioggia 50 g di farina di mais istantanea (fiamma a fuoco medio); mentre la versate, mescolate vigorosamente senza fermarvi sino a quando non sarà terminata. Non aggiungetela in un colpo solo, altrimenti si formeranno dei grumi difficili da sciogliere e dovrete buttare tutto.
Mescolate bene e lasciate cuocere a fuoco basso per 10 minuti, rimestando la polenta di tanto in tanto per evitare che si attacchi alla padella; assaggiate e, se necessario, aggiustate di sale.
Infine, versatela in modo uniforme su un foglio di carta da forno posto su una superfice piana resistente al calore (e.g. tagliere); lasciate che si raffreddi e rassodi per bene.
2.
Nel frattempo, avrete già messo sul fuoco una capiente padella di acciaio colma d’acqua fredda. Indossate dei guanti, così mani ed unghie non si anneriranno. Iniziate a sfogliare i carciofi: eliminate le parti più dure e tenete solo il cuore; poi, tagliate buona parte delle punte con un colpo deciso. Può sembrare uno spreco, ma è necessario, altrimenti finirete per mangiare le piccole spine interne. Eh sì, qualche spina c’è sempre anche se, come detto in precedenza, la “mammola” tende ad averne molte meno rispetto ad altre varietà.
Pelate il gambo per eliminare lo strato più coriaceo e tagliatelo nel punto in cui comincia a diventare tenero. Potete lasciarlo attaccato al resto del carciofo oppure no, come preferite.
Dividete i carciofi a metà per il lungo e, con l’aiuto di un cucchiaino, rimuovete il fieno, meglio conosciuto come “barba”: non è commestibile e risulta sgradevole sia per il sapore che per il pizzicore che provoca al palato.
Procedete così per tutti i carciofi. Attenzione però: non appena ne terminate uno, risciacquatelo e immergetelo in un recipiente contenente acqua fredda e succo di limone; questo li aiuterà a non diventare troppo scuri.
Quando l’acqua raggiunge l’ebollizione, aggiungete una modica presa di sale e poi tuffatevi i carciofi; fateli bollire a fiamma media per 10 minuti, con il coperchio chiuso.
3.
Una volta pronti, scolateli molto bene e appoggiateli delicatamente in una padella antiaderente; cospargeteli con qualche giro d’olio di oliva, né troppo poco né troppo tanto, e aggiungete qualche pizzico di sale.
Cuoceteli a fuoco medio per 15 minuti circa, senza coperchio, avendo cura di girarli a metà cottura, facendo attenzione a non recidere i gambi nel caso in cui siano ancora attaccati alla base. Accendete il forno statico a 200 °C (392 °F).
4.
Al termine della cottura in padella, lasciate riposare i carciofi un paio di minuti. Quando sono ancora caldi, impanateli con un buon pangrattato; poi, riponeteli su una teglia ricoperta di carta da forno. Aiutandovi con un cucchiaino, versateci sopra qualche goccia d’olio di oliva; ora infornate per 20 minuti, girando i carciofi a metà cottura in modo da farli dorare per bene.
Alla fine estraeteli dal forno e teneteli da parte. Chiudete lo sportello, perché il calore residuo ci servirà fra poco.
5.
Ora torniamo alla polenta, che nel frattempo si sarà rassodata. Con un coppapasta tondo (il nostro ø 7 cm) ricavate tanti cerchi sui quali poserete qualche pezzetto di formaggio Edamer; non eccedete con il ripieno per evitare che fuoriesca eccessivamente in cottura. Ogni base va coperta con un altro cerchio di polenta; pressate leggermente per unirli un poco, ma senza esagerare.
Ungete con dell’olio di oliva una piastra antiaderente e fatela scaldare; aiutandovi con una spatola, appoggiate delicatamente i medaglioni e cuoceteli per 15 minuti circa, girandoli a metà cottura: il formaggio, che farà da legante, filerà per bene, mentre la polenta avrà una bella crosticina croccante. Voltarli da un lato all’altro non sarà immediato, perché tenderanno a separarsi; questa però non è una difficoltà insormontabile, anzi, diventa un vantaggio perché l’aspetto rustico è una componente fondamentale del piatto.
Intanto, riscaldate i carciofi in forno per qualche minuto.
6.
A questo punto entrambe le preparazioni sono pronte e quindi non resta che assemblare il piatto. A noi piace servirlo molto semplicemente, proprio come si vede nella fotografia qui sotto, ma il nostro consiglio è di sbizzarrirvi come meglio credete… magari proponendo un bel letto di insalata. Caravaggio non ce ne voglia!
Una ricetta gustosa, stuzzicante al punto giusto e con un velo di dolcezza ad unire il tutto. È vero, i passaggi per realizzarla non sono pochi, ma non lasciatevi intimorire: sono tutti piuttosto semplici e veloci; basta solo un poco d’organizzazione. Vi assicuriamo che “il gioco vale la candela”.
Saremmo felici di leggere nei commenti il vostro parere e anche di rispondere ad eventuali domande. Grazie per aver trascorso del tempo insieme a noi.
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