Goblin-1977_da-sinistra-Marangolo-Morante-Pignatelli-e-Simonetti (immagine in evidenza)

Goblin. La musica della paura in quattro atti

Goblin-1977_da-sinistra-Marangolo-Morante-Pignatelli-e-Simonetti-goblin-la-musica-della-paura-in-quattro-atti

I Goblin nel 1977: da sinistra, Marangolo, Morante, Pignatelli e Simonetti

 

Anni ‘70, anni di rock. Un decennio creativo e turbolento, in cui molti generi musicali vengono alla luce, alcuni dei quali talmente rappresentativi da identificare l’essenza stessa del periodo. È il caso del “progressive rock”, ovvero una forma di rock “in progressione” verso un alto livello di complessità e varietà melodica, compositiva e narrativa, realizzata mediante il costante riferimento alla musica classica e all’utilizzo di innovativi strumenti elettronici, come il “mellotron” o il “moog”. Il genere spopola soprattutto nella prima metà del decennio, dove nasce una nuova generazione di compositori, che individuano spesso nel cinema una frontiera di sperimentazione.

 

Il gruppo

La band nasce dall’amicizia tra i coetanei Claudio Simonetti e Massimo Morante, due intraprendenti musicisti nella Roma di inizio anni ‘70, ammaliata dalla folgorante esplosione del “progressive rock” britannico dei Genesis (From Genesis to Revelation, 1969), Yes (Yes, 1969), Emerson, Lake & Palmer (Emerson, Lake & Palmer, 1970). Simonetti, figlio d’arte, ha un’impostazione classica, avendo studiato pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia, mentre Morante inizia a suonare la chitarra seguendo artisti d’avanguardia alla Jimi Hendrix. Nel 1971 partono per Londra, dove registrano alcuni brani e si fanno chiamare “Oliver”; vengono ingaggiati anche il bassista Fabio Pignatelli e il batterista Carlo Bordini. L’esperienza inglese dura poco, ma tornati a Roma, non mollano; alla batteria compare Walter Martino, poi sostituito da Agostino Marangolo, e il nome viene cambiato in “Goblin”, un termine tanto fatato quanto tenebroso. È proprio a questo punto che compare Dario Argento: la celebre colonna sonora di “Profondo Rosso” (1974) è un vero e proprio trampolino di lancio, oltre che la genesi di un lungo e proficuo sodalizio artistico. Nel frattempo la scena “prog” italiana si è arricchita di nomi eccellenti, la P.F.M. (Storia di un minuto, 1972), Battiato (Pollution, 1972), Cocciante (Mu, 1972), Le Orme (Felona e Sorona, 1973), i Pooh (Parsifal, 1973) e i New Trolls (Concerto Grosso n. 2, 1976), mentre un nuovo decennio, molto più elettronico e metallico del precedente, è ormai alle porte.

 

Atto primo: Profondo Rosso

Profondo-Rosso_LP-copertina-1975

Profondo Rosso, LP copertina (1975)

 

Si dice che sia stata Daria Nicolodi, moglie e collaboratrice di Dario Argento, a proporre i Goblin al marito. Il regista, infatti, era poco soddisfatto dei brani già realizzati dal compositore e jazzista Giorgio Gaslini, inizialmente scelto per l’incarico. Ufficialmente è però l’editore Carlo Bixio a presentare il gruppo a Dario Argento. Fatto sta che i Goblin riarrangiano le musiche di Gaslini e, soprattutto, compongono il leggendario “main theme”, ispirato a “Tubular bells” di Mike Oldfield, colonna sonora del capolavoro di William Friedkin “L’Esorcista” (1973). Leggenda vuole che tale brano nasca per un’intuizione di Pignatelli, ma tutto il gruppo è artefice in qualche misura della realizzazione; il tema sottolinea tutti gli episodi salienti del film e si impone ossessivamente grazie all’arpeggio ostinato e alle note taglienti, dove sintetizzatore, basso, organo e batteria si rincorrono creando un ritmo serrato e penetrante.
Con questo brano i Goblin raggiungono un successo planetario ed entrano nell’immaginario collettivo, ma è l’intera colonna sonora di “Profondo Rosso” ad essere costellata di perle musicali, a cominciare da un altro brano nevrotico e ostinato, cioè “Mad puppet”, fino all’inquietante cantilena infantile di “School at night”, dove si nota fra l’altro un geniale utilizzo del vibrafono “simil carillon”.

 

Atto secondo: Suspiria

Suspiria-LP-copertina-1977-goblin-la-musica-della-paura-in-quattro-atti

Suspiria, LP copertina (1977)

 

Dario Argento è ormai il mentore del gruppo. Infatti, il legame tra il regista e la band si ripropone e si rafforza nel capolavoro “Suspiria” (1977), che ripropone le sonorità avveniristiche di “Profondo Rosso”, ma in chiave più oscura e spettrale, in linea con le tematiche fiabesche e oniriche di questo film. La colonna sonora è molto ricca di spunti musicali, configurandosi come summa della “progressive rock” anni ‘70 e anticipando, al contempo, alcune sonorità del successivo decennio. Infatti, elementi “synth”, “kraft”, “dark”, “tribal” e “folk”, si fondono in un’opera artistica d’avanguardia.
Nel “main theme”, strutturato sul contrappunto tra chitarra e vibrafono “simil carillon”, ritorna l’ossessione ritmica di “Profondo Rosso”, ma in forma più inquietante e rituale, in cui si imprimono nella mente soprattutto i sussurri demoniaci e il geniale innesto del “bouzouki”, un liuto di origine greca. Anche altri brani lasciano il segno, primo fra tutti “Sighs”, fra l’altro il primo ad essere composto, dove è particolarmente evidente l’elemento “sabbatico”, con gemiti che si accompagnano al serrato arpeggio della chitarra. Infine, la traccia “Witch” è probabilmente la più sperimentale e martellante, in cui voci e sintetizzatore si mescolano a effetti sonori che simulano un’atmosfera disorientante.

 

Atto terzo: Tenebre

Tenebre-LP-retro-1983-goblin-la-musica-della-paura-in-quattro-atti

Tenebre, LP retro (1983)

 

Alla fine degli anni ‘70, il declino del “progressive rock” coinvolge anche i Goblin, che di fatto si sciolgono nel 1978. I tre storici fondatori, Simonetti, Morante e Pignatelli, intraprendono strade diverse, anche per qualche divergenza personale.
La “reunion” avviene, manco a dirlo, grazie a Dario Argento: il regista romano, nel 1982, tira fuori dal cilindro un altro grande film, che può essere considerato a buon diritto l’apice del giallo italiano a tinte horror. La colonna sonora di “Tenebre” (1982), uscita per motivi contrattuali non a nome dei Goblin, ma di Simonetti-Pignatelli-Morante, sarà un grande successo, segnando una svolta verso sonorità elettroniche, in linea con l’atmosfera del nuovo decennio. Simonetti, del resto, è ormai inserito a pieno titolo nel mondo synth-pop nostrano.
Il “main theme”, impostato su una melodia cupa e solenne, è caratterizzato dal geniale innesto del “vocoder”, ma il gruppo ritrova sé stesso anche in altre tracce, prima fra tutte “Flashing”, permeata dal ritmo penetrante della “drum machine”, gli angoscianti trilli di “Slow Circus” ed, infine, la celebre melodia del brano “Lesbo”, omaggiata perfino dal grande John Carpenter nel suo film “In the mouth of madness” (1994).
Dario Argento ci ha messo del suo in fase di arrangiamento e montaggio, tanto che il retro del CD, che contiene le tracce della colonna sonora, lo mostra insieme ai tre musicisti, in una copertina ispirata a quella del mitico album dei Queen (Queen II, 1974).

 

Atto quarto: Non ho sonno

Non-ho-sonno_CD-copertina-2001-goblin-la-musica-della-paura-in-quattro-atti

Non ho sonno, CD copertina (2001)

 

Dopo vent’anni dallo scioglimento, una nuova “reunion”, ancora firmata Dario Argento. Questa volta, però, è proprio l’ultima. “Non ho sonno” (2000) è il film del regista romano più apprezzato degli ultimi trent’anni, sia dalla critica che dal pubblico. Sicuramente, non raggiunge il livello dell’epoca d’oro, ma l’interpretazione degli attori, primo fra tutti il leggendario Max Von Sydow, è davvero di alto livello. La colonna sonora non poteva non essere all’altezza delle aspettative, e così il gruppo viene ricomposto nella sua storica formazione del ‘77, con Marangolo, Morante, Pignatelli e Simonetti.
L’esito è una summa delle esperienze della band, concretizzatesi in sonorità variegate, da quelle più rock a quelle più elettroniche. A cominciare proprio dal “main theme”, dove sono compresenti l’anima rock, rappresentata dalla potente chitarra di Morante, e le melodie fatate della tastiera di Simonetti. Una commistione che domina anche le altre tracce, con il pervasivo utilizzo del basso di Pignatelli in “Killer on the train” e le percussioni di Agostino Marangolo in “Associated dead”, fino alla nostalgica melodia di “Endless love”.
Un ottimo risultato, in cui ciascuno esprime il proprio “testamento”, ma, come dichiarerà lo stesso Simonetti, si tratta forse di un lavoro un po’ “freddo”, che non nasce da una spinta interiore ed è frutto di un ricongiungimento tardivo. Un incontro che però ci lascia la degna conclusione di un grande percorso artistico ed umano.

 

[Disclaimer]

Le immagini mostrate in questo articolo provengono dai seguenti siti web: https://stonemusic.it/ e http://www.goblinofficial.com/
Si tratta di immagini protette da copyright e sono qui mostrate a puro scopo esemplificativo, senza alcuna finalità commerciale.

Condividi

Facebook
Pinterest
Twitter
LinkedIn
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I contenuti dei quali è autore il proprietario del blog sono protetti ai sensi della legge n.248 del 18 agosto 2000; non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti perché appartenenti all’autore stesso; è vietata la copia, la riproduzione, la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.

Copyright © 2021-2024 Digitalis Purpurea®. Tutti i diritti riservati.

Skip to content